L’art. 24 della Costituzione così recita “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”.
Il ruolo dell’Avvocato teso alla tutela dei diritti della cittadinanza è, dunque, di rilevanza costituzionale, primaria e intangibile.
Tanto è stato considerato l’Avvocato dai Patri Costituenti, che essa figura è citata come essenziale in ulteriori passaggi della Magna Carta.
Si pensi all’art. 104 (per il quale un terzo dei componenti del CSM è costituito anche da Avvocati con almeno 15 anni di professione maturata), all’art. 106 (per cui il CSM può designare un Avvocato a Consigliere di Cassazione, sempre nel caso in cui egli abbia professato il suo ruolo per 15 anni e abbia conseguito meriti insigni) e all’art. 135 (in ordine al quale i membri della Corte Costituzionale possono essere scelti anche tra Avvocati che abbiano conseguito 20 anni di professione).
Pur nonostante quanto sopra, la categoria forense è dileggiata da anni e destinataria di continue riforme che, in difetto di una visione organica, hanno esclusivamente appesantito l’iter processuale e menomato il fine della tutela dei diritti dei cittadini.
Premessa doverosa, affinchè sia chiaro che queste righe non rappresentino una tediosa e acritica difesa della categoria a cui appartengo, fuggendo per mia natura la veste di Cicero pro domo sua: che gli Avvocati abbiano dequalificato spesso e volentieri la loro funzione, mediante condotte sconcertanti, assalto all’arma bianca al più becero degli approcci commerciali e violazioni ripetute del Codice di Deontologia Forense (di cui in molti, tra noi legali, ignorano le più semplici prescrizioni basilari), è fuor di dubbio e siamo noi i primi responsabili di ciò che è accaduto e tutt’ora accade, ciechi come siamo stati negli ultimi decenni nel valorizzare la nostra peculiarità professionale, regalandola al miglior offerente e barattandola con posti al sole per pochi a discapito dei tanti.
Ciò detto, però, mi sia permesso ribadire che un Avvocato è un soggetto irrinunciabile per una Società civile, unico baluardo alle angherie e ai soprusi, responsabile in prima persona della propria condotta e onerato di farsi carico anche degli errori della Magistratura, a cui deve porre rimedio, come ulteriore compito a lui affidato.
Egli è in prima linea per la difesa di tutti, anche e soprattutto dei non abbienti, come prescritto dalla Costituzione, operando attraverso il c.d. gratuito patrocinio e accettando che lo Stato liquidi le proprie competenze a distanza di anni dalla definizione del giudizio, applicando i minimi tariffari, senza alcuna considerazione della necessaria rivalutazione monetaria.
La avvocatura, come detto già colpita negli anni da provvedimenti normativi atti a privarla di dignità e ossigeno vitale, fiaccata da continue crisi economiche e priva di valide rappresentanze di categoria atte a tutelarla, nelle ultime settimane è stata incolpevole protagonista passiva di norme emergenziali vessatorie, inique e incomprensibili nel senso letterale del termine, perché di evidente difficile lettura.
All’inizio fu il D.L. n. 11/2020, che avrebbe dovuto disciplinare la sospensione dei termini processuali dal giorno 8.3.2020 al 22.3.2020, ma che, duole dirlo, è stato redatto con tale imprecisione, da costringere, a più riprese, le categorie forensi a richiedere al Governo interventi interpretativi, mai offerti in riscontro, sì costringendo gli Avvocati italiani, nel pieno dell’espandersi del contagio da Covid-19, a proseguire la loro attività professionale, onde evitare la scadenza degli incombenti processuali e la lesione dei diritti dei loro assistiti.
È, poi, intervenuto il D.L. n. 18/2020, denominato “Cura Italia”, ma che alla categoria forense ha destinato più che misure terapeutiche, vere previsioni mortifere per la professione, sottraendo gli Avvocati da ogni ipotesi di sostentamento, con evidenti, tra l’altro, profili di incostituzionalità, perché disciplinativo di norme diversificate da P. IVA a P. IVA., in violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione.
In tale panorama fosco e negativo, come un barlume di luce nel pieno della tempesta, è stato pubblicato ieri l’ultimo D.P.C.M. in ordine di tempo in tema Coronavirus, che nel disciplinare ciò che il Premier Conte ha definito il rallentamento del motore produttivo del Paese, ha riconosciuto la primazia dell’Avvocatura, ricomprendendola tra le attività che non possono arrestarsi alla odiernità, perché essenziali per il sistema Italia.
Intendiamoci, è un attestato esclusivamente di ordine morale, che nulla cambia circa la sostanza del momento e il forte rischio che, al termine della emergenza, tanti studi legali soffriranno e rischieranno la chiusura.
Si dice … e ahimè sono in molti a pensarlo … “eh, ma gli Avvocati guadagnano tanto” … retaggio di atavici splendori, che forse riguarda ancora qualche anziano e valido Collega, ma che – di certo – non attiene alle nuove generazioni di legali, costrette a barcamenarsi a destra e sinistra, mettendo insieme a fine mese un piccolo patrimonio utile a sostenere la propria famiglia, lavorando senza limiti orari, prestandosi a sostituzioni di udienze, collaborando con più studi e rincorrendo un antico sogno, che giorno dopo giorno diventa un incubo.
I dati sui fatturati degli Avvocati, specie nella fascia anagrafica 30-50 anni, sono sotto gli occhi di tutti e oggettivi.
Si narra … “bravi voi, che fate nero” … sì professando qualunquismo e demagogismo, senza conoscere le regole tributarie (studi di settore questo sconosciuto …), pur ben sapendo che non tutti i Colleghi sono lindi e pinti (come, del resto, in ogni categoria lavorativa).
Chi sta scrivendo queste riflessioni, non si tira indietro e riconosce che con un po’ di bravura e con molta fortuna, è riuscito in 11 anni a creare il suo studio e vivere di sé, ma da venti giorni a questa parte, oramai, siamo tutti nella stessa barca e tutti rischiamo la chiusura o di dover annunciare ai nostri collaboratori tristi riflessioni o determinazioni.
Ma questa barca che rischia la deriva, da oggi potrà navigare nel mare burrascoso tenendo il timone a dritta, essendole stato riconosciuto ciò che per Ordinamento è da sempre.
Nulla è di rilevanza patrimoniale quanto l’odierno D.P.C.M. ha attribuito alla categoria forense, non migliorando le sue contingenti condizioni economiche, né regalando a essa concrete prospettive positive per il futuro, ma non si può tacere che l’art. 1 del provvedimento, laddove dichiara che “le attività professionali non sono sospese” sia un dovuto riconoscimento che a tutti noi legali deve dare nuova linfa per l’avvenire e motivarci ancor di più nel ripartire con slancio e voglia nel momento in cui questo improvviso medioevo sanitario avrà, finalmente, lasciato il posto a un nuovo rinascimento italico, in cui la Avvocatura dovrà recitare un ruolo chiave nel richiamare l’apparato Giustizia ai propri doveri, primo fra tutti, e in questo senso mi impegnerò in prima persona, rinunciare per l’anno giudiziale 2020 alla sospensione feriale di Agosto, al fine di immediatamente cercare di recuperare quante più udienze oggi rinviate, onde poter velocemente riguadagnare tempo nella tutela dei diritti dei nostri clienti e, perché no, per permettere a tutti noi di ritrovare lavoro e fiducia.
Nessuno può permettersi che la Avvocatura fallisca, sommersa da imposte da versare, contributi da liquidare, spese per il mantenimento di studio da sostenere e soggiogata da guadagni nulli da qui a chissà quando.
Nessuno, ripeto, né noi Avvocati, né tutto il Paese che, con il venir meno di tanti legali, si troverebbe privo della necessaria assistenza e tutela giuridica.
In questi giorni di preoccupazioni e lutti, dunque, lo Studio Legale Lorè continuerà a lavorare a difesa dei propri clienti e essere a loro disposizione per ogni necessità.
Potremo farlo con la dignità che ci è stata riconosciuta e con la intelligenza di non porre a rischio la salute nostra e degli altri, lavorando nelle nostre abitazioni e cercando di limitare quanto più possibile gli spostamenti da a per lo studio.
Tutti quanti Voi, continuate a rispettare le norma emanate e a restare a casa, in assenza di necessità e urgenze atte a derogare gli obblighi di legge.
Aiutiamo il Paese a superare velocemente la congiuntura e permettiamo a tutte le categorie in crisi di rimettersi in moto il prima possibile.
Avv. Giuseppe Lorè