Nel momento in cui si riceve un verbale di accertamento di violazione delle norme sulla circolazione prescritte dal Codice della Strada, il ricevente, qualora ritenesse che tale atto sia illegittimo nella forma o nella sostanza, ha diritto a impugnarlo o in via amministrativa, innanzi al Prefetto o giudizialmente presso il Giudice di Pace.
Con il presente approfondimento ci occuperemo, dunque, della impugnazione presso il Prefetto, regolamentata dagli art. 203 e 204 c.d.s., descrivendolo ed esaminandone le caratteristiche procedurali.
A quale Prefetto rivolgersi per contestare un verbale del c.d.s. La competenza territoriale spetta al Prefetto del luogo ove è accaduta la violazione imputata al ricorrente.
Il Prefetto è una Autorità provinciale e, dunque, costui raccoglierà le impugnazioni delle sanzioni per violazione del c.d.s. commesse entro il territorio di propria pertinenza.
Entro quale termine è possibile ricorrere al Prefetto. La opposizione a un verbale di accertamento di violazione del c.d.s. deve essere presentata presso il Prefetto da adire entro il termine perentorio di 60 giorni dalla notifica dell’atto da impugnare.
E’ da precisare che nella ipotesi in cui un processo verbale sia notificato mediante deposito di esso alla Casa Comunale (art. 140 c.p.c.) o presso l’Ufficio postale (art. 8 Legge n. 890/1982) poiché, nel momento in cui il messo notificatore o il postino hanno acceduto presso la residenza del destinatario per provvedere alla consegna dell’atto non lo hanno rinvenuto ivi presente perché temporaneamente assente, la data di notificazione da cui far decorrere il termine per esperire il ricorso sarà la seguente:
– quella del materiale ritiro del verbale ove ciò avvenisse entro 10 giorni dal deposito presso la Casa Comunale o l’Ufficio postale;
– il decimo giorno dal deposito presso i superiori luoghi qualora si ritirasse l’atto oltre tale termine.
Come si esperisce la opposizione. L’impugnazione va incardinata per mezzo di un ricorso che deve contenere:
– i riferimenti anagrafici del ricorrente e la indicazione della sua residenza o del domicilio eletto ai fini della notifica dei provvedimenti connessi e inerenti al giudizio di opposizione;
– gli estremi dell’atto impugnato;
– le motivazioni di fatto e di diritto in forza delle quali è spiegata la opposizione;
– la indicazione degli elementi di prova offerti a fondamento delle proprie tesi difensive;
– le conclusioni che si rassegnano (dunque, in estrema sintesi, la domanda di annullamento del verbale opposto);
– la data e la firma.
Nell’atto di opposizione può richiedersi al Prefetto di disporre la audizione, al fine di argomentare i propri motivi di contestazione alla presenza di un funzionario della Prefettura.
E’ da tenere a mente, però, che nonostante la giurisprudenza più atavica ha ritenuto che la mancata fissazione del giorno di audizione potesse determinare la illegittimità di un eventuale provvedimento prefettizio di rigetto del ricorso (che come si vedrà appresso assume il nome di “ordinanza ingiunzione”), ciò non è più così alla attualità per quanto statuito dalla sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 1786/2010 a cui sono sempre state conformi le successive pronunce assunte a tal proposito dalla Suprema Corte (in ultimo, sentenza Corte di Cassazione n. 6313/2020).
Il ricorso può essere presentato al Prefetto o a mani (in tale caso è necessario richiedere che venga consegnata una ricevuta di deposito della impugnazione) o mediante spedizione per lettera raccomandata A.R. (ai fini della tempestività del ricorso fa fede la data in cui esso è spedito all’Autorità adita) o, in ultimo, per posta elettronica certificata se l’opponente ne sia dotato (in tale ipotesi sarebbe consigliabile che il ricorso sia sottoscritto per mezzo di un dispositivo di firma digitale).
L’inoltro, infine, può essere indirizzato o direttamente presso la sede della Prefettura oppure verso la sede dell’Ente accertatore che ha elevato il verbale (dunque, se per esempio l’atto da contestare è stato emesso dal Comune di Rieti, il ricorso potrà essere trasmesso alternativamente alla sede sia della Prefettura di Rieti, che del Comune di Rieti).
Come si sviluppa il giudizio di opposizione di un verbale del c.d.s. innanzi al Prefetto. Nel caso in cui il ricorso sia stato trasmesso direttamente alla Prefettura, il Prefetto deve inoltrarlo all’Ente che ha emesso la sanzione entro 30 giorni.
Successivamente, l’Ente accertatore deve eseguire l’istruttoria del caso e rimettere gli atti al Prefetto in uno alle proprie memorie (definite “controdeduzioni”), ciò entro 60 giorni.
Il Prefetto, giunti a tale punto, valuterà sia le ragioni del ricorrente, che quelle della Amministrazione ed entro i 120 giorni successivi deve emettere o una ordinanza di accoglimento del ricorso (tecnicamente denominata “ordinanza di archiviazione”) o una ordinanza di rigetto della impugnazione, definita “ordinanza ingiunzione”, per mezzo della quale intima al ricorrente di provvedere al saldo della sanzione (pari al doppio di quella minima edittale prevista per l’illecito commesso) entro 30 giorni dalla sua notifica (che deve avvenire entro 150 giorni dalla emissione della ordinanza ingiunzione).
Nella ipotesi in cui nel termine complessivo di 210 giorni (pari alla sommatoria dei termini suddetti, 30+60+120) ovvero di 180 giorni (nella ipotesi in cui il ricorso sia trasmesso direttamente all’Ente accertatore, 60+120) non sia emessa né la ordinanza di archiviazione, né quella ingiuntiva, insorgerà il c.d. silenzio assenso e il ricorso sarà considerato accolto.
Laddove il ricorrente avesse richiesto di procedersi alla audizione ed essa fosse stata disposta, nel computo del superiore termine non va conteggiato il tempo intercorso tra la data di ricezione della convocazione in prefettura e il giorno in cui è stata celebrata la audizione, poiché in tale caso i termini procedurali si interrompono.
Cosa accade in caso di emissione di una ordinanza ingiunzione. Nella ipotesi in cui il Prefetto adito rigettasse il ricorso, emettendo apposita ordinanza ingiunzione, essa a sua volta può essere impugnata innanzi al Giudice di Pace Civile competente in ordine al luogo della originaria commessa violazione, agendo ai sensi dell’art. 6 D. Lgs. n. 150/2011.
In passato, la giurisprudenza si è più volte confrontata sulla natura del giudizio di impugnazione alla ordinanza ingiunzione, chiedendosi se, opponendo tale atto, il ricorrente potesse eccepire solo vizi di esso o tornare ad argomentare in ordine alla illegittimità dell’originario verbale.
Il dubbio è stato risolto dalla sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 1786/2010, già citata in precedenza a proposito dell’eventuale mancata convocazione in sede di audizione, nella quale i Giudici della Suprema Corte hanno statuito che il procedimento di impugnazione alla ordinanza del Prefetto investe il rapporto sanzionatorio originario, di talchè il ricorrente è ammesso a tornare a eccepire in sede giudiziale quanto già dedotto in quella amministrativa senza che possano rilevare vizi motivazionali dell’atto prefettizio opposto.
In estrema sintesi e proferendo un commento poco tecnico, ma molto chiaro, il Giudice di Pace prosegue a valutare le ragioni di illegittimità del verbale impugnato presso il Prefetto tanto da poter esser definito una sorta di appello del procedimento amministrativo.
Due ragioni particolari per cui una ordinanza ingiunzione può essere illegittima. Qualora il Prefetto convochi il ricorrente in audizione, senza che ciò sia stato richiesto dall’opponente, la successiva ordinanza ingiunzione che fosse assunta, visto il dilatamento del tempo, oltre i termini previsti nel presente approfondimento, sarebbe opponibile presso il Giudice di Pace perché emessa tardivamente.
Quanto sopra, perché ai sensi dell’art. 204, comma 1 ter, c.d.s., la audizione può essere domandata solo dal ricorrente e mai disposta d’ufficio dal Prefetto, sicchè qualora si determinasse questa circostanza, la convocazione in audizione non interromperebbe i termini del procedimento amministrativo disciplinati dagli art. 203 e 204 c.d.s.
Questo studio legale, in ordine a quanto sopra, ha ottenuto plurime sentenze, tra cui l’ultima in ordine di tempo è quella del Giudice di Pace Civile di Roma n. 2186/2021.
Quando, poi, nel fare ricorso al Prefetto si sia eletto domicilio presso un luogo estraneo alla propria residenza (ipotesi che può determinarsi soprattutto se si fosse concesso mandato a un avocato per essere difesi nel giudizio amministrativo di opposizione) è importante sapere che la ordinanza ingiunzione deve essere notificata verso il domicilio e non a favore della residenza del ricorrente per quanto previsto dagli art. 141 e 170 c.p.c.
Anche su tale questione, lo studio legale Lorè ha ottenuto numerose vittorie (si citino per tutte le sentenze del Giudice di Pace di Tivoli n. 1012/2017, del Giudice di Pace di Civitavecchia n. 815/2020 e del Giudice di Pace di Roma nn. 40968/2018, 42006/2018, 32371/2019, 16033/2020 e 18801/2020).
Sempre questo studio ha, poi, conseguito un successo proprio in sede prefettizia poiché il Prefetto della Provincia di Viterbo, emettendo la ordinanza n. 2783/2015, in accoglimento della opposizione spiegata verso un verbale ex art. 126 bis c.d.s. in cui, per l’appunto, si è eccepito che la ordinanza ingiunzione relativa al ricorso al verbale premesso fosse stata notificata erroneamente presso la residenza dell’opponente e non a favore del domicilio eletto, ha dichiarato che “qualora espressamente indicato nel ricorso, la notifica del provvedimento del Prefetto deve essere effettuata nel luogo indicato dal ricorrente che è stato assunto, dallo stesso, quale domicilio legale ai fini delle notifiche degli atti”.
E’ importante precisare che qualora si sia eletto domicilio nell’esperire un ricorso al Prefetto e la ordinanza ingiunzione sia notificata alla propria residenza, non bisogna essa opporre al Giudice di Pace perché in tale modo si applicherebbe il principio del raggiungimento dello scopo normato dall’art. 156 c.p.c., ossia si sanerebbe il vizio della notifica, riconoscendo, comunque, di aver ricevuto l’atto.
In questo caso, dunque, è da restare inerti e opporre la eventuale successiva cartella esattoriale chiedendone, appunto, l’annullamento per la illegittimità della notifica del provvedimento su cui è stata emessa.
Una ipotesi sui generis di ordinanza del Prefetto. Nel caso in cui il Prefetto ritenga che un ricorso sia stato presentato oltre i termini di legge o che sia privo di taluni elementi essenziali (per esempio la firma), viene emessa una ordinanza di inammissibilità della opposizione che non rappresenta una ordinanza ingiunzione, tanto che in essa non viene precettato alcun pagamento.
Anche questa tipologia di ordinanza può essere contestata presso il Giudice di Pace ai sensi dell’art. 6 D. Lgs. n. 150/2011, ma in questo caso la opposizione non può investire il merito della questione (ossia che il verbale originario sia illegittimo), ma può riguardare solo i motivi che hanno spinto il Prefetto a dichiarare la inammissibilità del ricorso, al fine di eccepire che egli abbia errato (per esempio nel conteggiare i termini di proponibilità della opposizione qualora l’avesse statuita tardiva).
Per quanto sopra, dunque, nel caso in cui il Giudice di Pace accogliesse il ricorso del cittadino, tecnicamente il Prefetto dovrebbe riavviare la impugnazione innanzi a esso incardinata in precedenza, dovendosi ritenere che la causa giudiziale interrompa i termini degli art. 203 e 204 c.d.s. e che, dunque, il Prefetto, in questa ipotesi, dovrà terminare il proprio giudizio entro i giorni ancora residui.
In conclusione. Confidando di aver redatto un approfondimento utile, restiamo SEMPRE AL VOSTRO FIANCO!