Un nuovo acquirente può adibire un appartamento ad attività di bed and breakfast se il regolamento condominiale – di origine contrattuale – vieta espressamente “l’esercizio di locanda, pensione o albergo ed in genere a qualsiasi altro uso che possa turbare la tranquillità dei condomini o sia contrario al decoro ed all’igiene dell’edificio”?
Il quesito posto necessita di affrontare due questioni.
Sull’opponibilità della clausola del Regolamento Condominiale di natura contrattuale nei confronti di nuovi acquirenti dell’unità immobiliare sita all’interno di un Condominio.
Preliminarmente è necessario valutare se la clausola della cui applicazione si discute sia o meno opponibile ai nuovi proprietari di un’unità immobiliare sita in un Condominio.
Sotto il profilo del contenuto, il regolamento condominiale – ipotizzato in questo caso – prevede un contenuto volto ad incidere in maniera limitativa sulle proprietà individuali dei singoli condomini.
I vincoli di destinazione delle proprietà individuali in condominio sono opponibili agli acquirenti a titolo particolare delle unità immobiliari allorquando detti vincoli risultino debitamente trascritti oppure espressamente accettati dal condomino subentrante.
Difatti, secondo un primo orientamento della giurisprudenza, le clausole contenute in un regolamento contrattuale di condominio hanno effetto nei confronti di successivi acquirenti solo se trascritte nei registri immobiliari.
Tuttavia, per l’efficacia della trascrizione, è in ogni caso necessaria la completezza della relativa nota tanto dal punto di vista soggettivo che da quello oggettivo.
Infatti, la nota di trascrizione deve indicare il contenuto essenziale del titolo di cui si chiede la trascrizione e menzionare con chiarezza i negozi giuridici a cui si vuole dare pubblicità, in modo che, dall’esame di essa, sia possibile accertare a favore e, a carico di chi, la trascrizione debba conseguire i suoi effetti e quali siano i vincoli che gravano sul bene.
Dunque, preliminarmente è necessario verificare se, in sede di trascrizione del regolamento condominiale, risultino indicate – nella relativa nota- in modo specifico le clausole limitative del diritto di destinazione delle singole unità immobiliari che, in quanto costituenti diritti di servitù autonomi, debbono essere trascritte.
L’esigenza di specifica indicazione nella nota di trascrizione delle clausole del regolamento condominiale che impongono servitù a carico dei singoli appartamenti non si pone come condizione generale di efficacia delle singole clausole, essendo noto che la pubblicità immobiliare non ha efficacia costitutiva, ma rileva solo ai fini dell’opponibilità delle stesse ai terzi acquirenti, cioè ai condomini che hanno acquistato in epoca successiva alla redazione del regolamento.
Tuttavia, secondo un diverso orientamento la opponibilità ai successivi acquirenti delle clausole contenute nel regolamento contrattuale prescinde dalla trascrizione, purché tale regolamento sia stato richiamato e accettato nei singoli contratti di vendita.
Cosicché, in mancanza di trascrizione, i vincoli di destinazione delle unità immobiliari allocate in un edificio in condominio possono essere opponibili agli aventi causa a titolo particolare solo quando risultino specificamente dedotte ed accettate nei singoli atti di compravendita.
Si specifica che, il mero richiamo inserito nel rogito stipulato dall’alienante, che contenga in appendice il regolamento di condominio, non è idoneo a rendere opponibili i vincoli in questione al nuovo condomino, risolvendosi in una clausola di stile.
Dunque, in forza di quanto affermato occorrerebbe verificare preliminarmente l’eventuale nota di trascrizione o, in subordine, il contratto di compravendita.
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Come si interpretano le clausole regolamentari limitative del diritto di proprietà contenute in un Regolamento Condominiale di origine contrattuale?
Come abbiano visto, il regolamento condominiale – di origine contrattuale – può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in esclusiva proprietà sia mediante elencazione di attività vietate, sia con riferimento ai pregiudizi che si intende evitare.
Assai dibattuta è l’interpretazione delle clausole regolamentari che pongono restrizioni all’uso della proprietà esclusiva in ordine alle quali sono possibili due ipotesi di divieti.
Per evitare ogni equivoco in una materia atta a incidere sulle proprietà dei singoli condomini, i divieti e i limiti debbono risultare da espressioni chiare, avuto riguardo, più che alla clausola in sé, alle attività e ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentare intende impedire, così consentendo di apprezzare se la compromissione delle facoltà inerenti allo statuto proprietario corrisponda a un interesse meritevole di tutela.
Viceversa, in presenza di una norma regolamentare che specifichi ed individui le singole attività vietate esse devono risultare precisate da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito non suscettibile di dar luogo ad incertezze.
Pertanto, l’individuazione della regola dettata dal regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui impone limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo per quanto concerne l’ambito delle limitazioni imposte alla proprietà individuale.
Ordunque, tenuto conto del principio pacifico in giurisprudenza, le clausole regolamentari che pongono limiti al diritto di proprietà del singolo condomino devono essere interpretate con grande rigore dovendo risultare, ogni eventuale limite, quanto più possibile esplicito.
Difatti non è consentito all’Autorità Giudiziaria procedere ad interpretazioni estensive delle clausole del regolamento di condominio quando esse pongano restrizioni alle facoltà inerenti la proprietà esclusiva, dovendo esse essere formulate in modo espresso e comunque non equivoco in modo da non lasciare alcun margine d’incertezza sul contenuto e sulla portata delle relative disposizioni.
Quindi si può adibire un appartamento di un condominio per attività turistica di bed and breakfast nonostante il Regolamento Condominiale vieti espressamente l’esercizio di locanda, pensione o albergo ed in genere a qualsiasi altro uso che possa turbare la tranquillità dei condomini o sia contrario al decoro ed all’igiene dell’edificio?
La clausola regolamentare ipotizzata nel quesito in esame vieta espressamente, per quanto ora ci intessa, da un lato, l’esercizio di locanda, pensione o albergo in via autonoma, senza ulteriori distinzioni e condizioni, dall’altro lato, estende il divieto a qualsiasi altro uso che possa turbare la tranquillità dei condomini o sia contrario al decoro ed all’igiene. La clausola ipotizzata enuclea due fattispecie di divieti nella prima parte esercizi di attività individuate in via autonoma dall’altra fattispecie di divieto ulteriore, distinta e autonoma rispetto alle previsioni specifiche poste dalla prima parte della disposizione.
Occorre quindi qualificare che tipo di attività viene esercitata in un appartamento destinato interamente a mettere a disposizione l’alloggio per uso esclusivamente turistico, per brevi periodi e, limitatamente ad uno o più ospiti per volta, nella cessione in godimento del locale ammobiliato provvisto delle necessarie somministrazioni (luce, acqua…) cui si accompagna la prestazione di servizi personali quali la fornitura di biancheria da letto e da bagno e della colazione di benvenuto.
Possiamo dire che l’attività si distingue in primis dall’albergo sia per la dimensione organizzativa che per la frequentazione della clientela, inoltre, differisce dalla locanda e dalla pensione in quanto questi ultimi sono esercizi che presuppongono entrambi, accanto alla messa a disposizione di una camera per l’alloggio, la disponibilità di un servizio di ristorazione ben più ampio, esteso al pranzo o alla cena o a entrambi non limitato, invece, alla prima colazione e, che richiedono non solo una dimensione organizzativa ed anche di personale più ampia, ma anche una maggiore frequentazione dei locali da parte dei clienti ospiti.
Trattasi quindi di differenze sia quantitative che qualitative che sottraggono l’attività ipotizzata che viene esercitata al divieto posto dalla norma regolamentare.
Ebbene, sembrerebbe inevitabile concludere che il regolamento di condominio vieti la destinazione delle singole unità a pubblico esercizio con finalità ricettiva con nessuna incidenza sulla locazione, sulla durata della locazione e sulle modalità di ricerca e reperimento di eventuali conduttori. Del resto il regolamento con la clausola ipotizzata ha inteso limitare il divieto alla sola destinazione di locanda, pensione e albergo, cioè ad una organizzazione stabile destinata alla ricezione di ospiti con prestazioni di vitto e alloggio.
La circostanza pertanto che il divieto posto dal regolamento sia limitato, per quanto qui interessa, all’attività di locanda e pensione e albergo renderebbe non accettabile l’estensione di esso anche ad attività ad esse avvicinabili dal punto di vista della destinazione d’uso, ma sostanzialmente diverse, dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo, nel loro atteggiarsi in concreto.
Cosicchè legittima è l’attività esercitata!
Avv. Michela Moschiano