Nella disperata ricerca di trovare un “lato positivo” nel corso di questa pandemia globale, tutti, tra media e istituzioni, si sono vantati di come, pur se a una causa di un evento nefasto, il mondo abbia finalmente reagito attuando una vera e propria impennata verso la digitalizzazione.
Non si parla d’altro se non di come ormai tutto sia stato reso digitale: lezioni esami e visite mediche on line, smart working, udienze (sig!) telematiche e quant’altro.
Senz’altro siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione di cui si è sempre parlato, ma che sino a oggi non aveva trovato una reale attuazione, forse per pigrizia mentale oppure a mio avviso, poichè il processo di digitalizzazione è in realtà una pericolosa arma a doppio taglio.
Se da una parte, infatti, la digitalizzazione della nostra quotidianità comporta indubbiamente molteplici aspetti positivi, soprattutto dal punto di vista dell’abbattimento della burocrazia, in pochi, credo, si siano soffermati sull’analizzare se questa rivoluzione tecnologica sia effettivamente alla portata di tutti e in che rapporti si ponga con il rispetto di alcuni articoli fondamentali della nostra Costituzione.
Mi sono, per esempio, confrontata con una insegnante della scuola primaria di secondo grado che, sebbene con alcune difficoltà, nonché con grandi perplessità, ha dovuto – inevitabilmente e drasticamente – sconvolgere i propri metodi didattici e reinventarsi per far in modo che il suo programma scolastico potesse essere portato a termine nel modo più proficuo possibile e, allo stesso tempo, che fosse accessibile a tutti.
Superati i primi disagi, dunque, ella ha constatato che, nonostante tutti gli sforzi compiuti, le lezioni svolte tramite le piattaforme digitali messe a disposizione per l’espletamento della c.d. “didattica a distanza” non fossero comunque seguite da una parte dei propri alunni.
La professoressa, indi, ha svolto le proprie indagini e, altresì, si è confrontata con le sue colleghe, sì appurando che molti dei “desaparecidos”, lungi dal voler disattendere gli obblighi formativi, fossero, in realtà, oggettivamente impossibilitati nel poter seguire le lezioni online.
Alcune famiglie infatti, già in ingente difficoltà economica, ulteriormente aggravata dall’attuale crisi patrimoniale dovuta al Covid-19, non posseggono dispositivi elettronici ovvero una adeguata connessione internet tali da consentirgli la partecipazione alla didattica telematica.
Orbene, il Governo venuto a conoscenza di quanto sopra, si è attivato, fornendo alle scuole tablet ot similia da distribuire alle famiglie degli alunni che ne hanno fatto richiesta e così sembrerebbe esser stato tutto felicemente risolto: ora non ci sono più scuse, nessuno escluso, tutti possono partecipare, questa è la scuola del futuro!
Siamo proprio sicuri? Nessuno escluso?
Beh la risposta a quest’ultimo quesito è semplice: no! Il Belpaese non si è ricordato di una particolare categoria di soggetti, ossia di coloro affetti da disabilità.
Il Governo, le Istituzioni e magari proprio la stessa Ministra dell’Istruzione, nel crogiolarsi sui magnifici risultati ottenuti e di come questo boom della digitalizzazione possa far apparire l’Italia come una vera e propria leader nel campo della innovazione, non si sono domandati come faccia, per esempio, una ragazza sordomuta a poter partecipare e, dunque, seguire una lezione attraverso lo schermo di un computer.
È proprio questa l’altra faccia della meravigliosa medaglia della tecnologia che, se adottata senza una attenta analisi causa/effetto, le dovute precauzioni e gli accorgimenti del caso, non è per tutti e, anzi, è financo violativa di principi fondamentali della Magna Carta.
La digitalizzazione, infatti, rischia di violare,
Fuori dai casi della istruzione, poi, si pensi a come la informatizzazione, applicata in questa contingenza in maniera illogica e senza costrutto, stia minando la Giustizia italiana e il diritto al giusto processo e al regolare contraddittorio tra le parti, di cui all’art. 111 della Costituzione.
Ci troviamo, dunque, di fronte a un paradosso: in un momento storico dove, forse per la prima volta, le Organizzazioni Internazionali sono finalmente riuscite a sensibilizzare gli Stati affinchè in essi vengano rispettati tutti i principi volti alla tutela e all’uguaglianza tra generi, alla lotta contro le discriminazioni e l’abbattimento di tutte le barriere che rendono impossibile il pieno godimento della vita umana, l’Italia non si è resa conto delle conseguenze che una telematizzazione scriteriata del Paese può comportare.
Siamo ancora in tempo affinchè si possano approntare i dovuti accorgimenti.
Che lo si faccia, dunque, celermente, per non lasciare nessuno indietro.
Dott.ssa Chiara Maggiorelli