In questi giorni molti articoli di giornale hanno riportato la notizia di avvocati e studi legali che incoraggiano i cittadini ad esperire azioni giudiziarie nei confronti dei medici e dei professionisti sanitari impegnati a fronteggiare la pandemia da Coronavirus.
Ebbene, oltre a censurare questi avvocati da un punto di vista deontologico e morale, come peraltro il CNF con una nota del 1° aprile ed anche le Camere Civili hanno prontamente fatto, bisogna capire se le azioni paventate trovino effettivo riscontro nella normativa vigente.
È evidente, infatti, che in questo drammatico momento di emergenza in cui il personale sanitario si trova in prima fila nella lotta al virus – rimettendoci in troppi casi anche la vita – tutti gli italiani stanno supportando i medici e gli infermieri considerandoli degli eroi.
Ma, in un Paese che dimentica e perdona quasi tutto (sarebbero troppi e gravi gli esempi da riportare), quando l’emergenza cesserà e sarà passata l’ondata emotiva a sostegno del personale sanitario siamo così sicuri che l’attuale atteggiamento degli italiani – che si troveranno in una crisi economica senza precedenti – di empatia e solidarietà permarrà? Gli avvocati, anche loro in grave crisi economica, ora sopiti dall’indignazione popolare torneranno a farsi sotto per accaparrarsi la clientela e promuovere azioni infondate?
L’attuale normativa sulla responsabilità professionale prevede che la responsabilità medica civile è ravvisabile quando vi sia un danno imputabile al personale sanitario che lavora all’interno di una struttura sanitaria e/o alla medesima struttura, che sia privata o pubblica. Nel primo caso i medici rispondono di responsabilità extracontrattuale con prescrizione di 5 anni, nel secondo caso la struttura risponde a titolo di responsabilità contrattuale, con prescrizione di 10 anni.
Le modifiche apportate alla cd. Legge Balduzzi dalla riforma Gelli- Bianco tutelano in modo più efficace il personale sanitario, escludendo sanzioni penali per il medico per colpa lieve e imperizia, introducendo l’art. 590 sexies c.p. che prevede che “qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”. Restano, quindi, giustamente esclusi dalla previsione i casi di dolo e di colpa grave.
Ed, ancora, la Legge Gelli – Bianco all’art. 1 sottolinea l’obbligo della struttura sanitaria di dotarsi di un apparato efficiente finalizzato alla prevenzione e all’azzeramento di possibili eventi dannosi “nell’interesse dell’individuo e della collettività”.
Il paziente, quindi, deve dimostrare l’inadempimento del sanitario che ha prodotto l’evento dannoso, mentre il medico deve dimostrare l’assenza di ogni condotta censurabile e di aver adottato tutte le misure necessarie per prevenire e contenere il fenomeno infettivo.
Nel caso del Covid-19, questa prova può apparire, da un lato, assai complessa, dal momento che, tuttora, gli esperti in materia hanno opinioni contrastanti sulle mutazioni del virus, sulle modalità di contagio e su quelle di immunizzazione, dall’altro lato, invece, può sembrare molto elastica, dal momento che, almeno sino al primo caso di paziente infetto da Coronavirus in Italia, non vi sono stati protocolli specifici che le strutture ospedaliere dovevano seguire per evitare la diffusione dei contagi, per non parlare della mancanza del materiale sanitario di protezione, di cui le strutture sanitarie sono tutt’ora carenti.
In tutto ciò, bisogna anche considerare l’orientamento giurisprudenziale della Cassazione che, ad esempio, con la recente sentenza n. 10175/2020 ha affermato che in materia di responsabilità medica e di omicidio colposo del paziente, il fatto che il medico rispetti le linee guida accreditate dalla comunità scientifica non lo esonera da responsabilità per colpa: occorrerà accertare se il quadro clinico specifico del paziente non imponga di seguire un percorso terapeutico diverso rispetto a quello previsto dalle linee guida.
Pensiamo ancora all’orientamento della Cassazione in merito al reato di omissione di atti d’ufficio per la guardia medica che commette l’illecito anche quando, non aderendo alla richiesta di intervento domiciliare urgente, suggerisce al paziente di richiedere l’intervento del 118 per il trasporto in ospedale (v. Cass. n. 35344/2008 e, più di recente, Cass. n. 8377/2020). Come conciliare detto orientamento con il caso dell’epidemia da Coronavirus in cui l’indicazione per il paziente in caso di malore è di evitare contatti personali, di contattare solo telefonicamente il medico o i numeri preposti ed evitare di recarsi in Pronto soccorso? Come la mettiamo con i medici di base e le guardie mediche sprovviste dei materiali sanitari di protezione perché introvabili? Come affrontare il tema dei decessi per la mancanza di posti in terapia intensiva?
In questo scenario, al momento molto confuso e concitato, ben vengano le iniziative del Ministero della Salute che starebbe valutando la possibilità di intervenire con un emendamento al decreto “Cura Italia” per introdurre una sospensione sia per la responsabilità civile che penale dei sanitari (salvi i casi di dolo o colpa grave), almeno sino al termine dell’emergenza.
È però evidente che la situazione straordinaria che stiamo vivendo richiede scelte e decisioni straordinarie.
Sembrerebbe, infatti, necessario un intervento che non preveda soltanto una moratoria a tempo, ma che disciplini espressamente la responsabilità medica del personale sanitario e delle strutture sanitarie che tenga conto della storia dell’evoluzione dei contagi in Italia e dell’impreparazione di tutti, dallo Stato alle Regioni e, di conseguenza, delle strutture e del personale sanitario.
Proprio per questo lo Studio Legale Lorè sarà sempre dalla parte dei medici che con i loro sforzi e con i loro sacrifici hanno cercato di arginare, come meglio hanno potuto, la drammatica epidemia da Coronavirus e ci impegneremo a difenderli qualora vi dovessero essere speculazioni o sciacallaggi nei loro confronti.
Avv. M. Elena Tomassoni