Il D. L. n. 18/2020 recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, noto come “Decreto Cura Italia” prevede una serie di misure speciali a sostegno dei datori di lavoro e dei lavoratori che svolgono attività su tutto il territorio nazionale a causa della sospensione e della riduzione dell’attività lavorativa.
Di seguito vengono analizzate sinteticamente alcune delle misure adottate.
La Cassa integrazione ordinaria con causale “COVID 19 NAZIONALE”
L’art 19 de. D.L. 18/2020 introduce una causale speciale di Cassa integrazione Ordinaria per tutti quei settori che sono già coperti da questo ammortizzatore sociale. Le deroghe alla disciplina ordinaria riguardano principalmente: la causale, il procedimento accelerato, la non previsione di una contribuzione aggiuntiva.
Le aziende (il cui elenco può rinvenirsi nel messaggio n. 1287 del 20.30.2020 allegato) non devono dare alcuna prova circa la sussistenza della causale in quanto opera una presunzione ex lege ossia che la diminuzione dell’attività lavorativa rientra in re ipsa nella causa integrabile la cassa integrazione ordinaria covid 19. Dunque, non è necessaria una dimostrazione del collegamento tra diminuzione dell’attività lavorativa e emergenza Covid 19. Di conseguenza l’azienda non dovrà fornire la relazione tecnica ma dovrà limitarsi ad allegare l’elenco dei lavoratori beneficiari. I lavoratori beneficiari sono quelli che risultano alle dipendenze dell’azienda richiedente alla data del 23 febbraio 2020.
E’ prevista la possibilità per le aziende che hanno CIGS in corso alla data di entrata in vigore del decreto di sospendere la CIGS e convertirla in CIGO Covid- 19Nazionale ai sensi dell’art 20 del d.l. 18/20
L’assegno ordinario
Gli art 21 e 22 prevedono l’erogazione di una prestazione di integrazione salariale, nei casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, in favore dei lavoratori dipendenti di datori di lavoro rientranti nel campo di applicazione dei Fondi di solidarietà e del Fondo di integrazione salariale.
Le domande di prestazione di CIGO e di assegno ordinario possono essere presentate per una durata massima di 9 settimane, comprese nel periodo che va dal 23 febbraio al 31agosto 2020. Il termine per presentare le domande di accesso al trattamento di CIGO e all’assegno ordinario è fissato alla fine del quarto mese successivo all’inizio della sospensione/riduzione dell’attività lavorativa, fermo restando che per gli eventi di sospensione/riduzione dell’attività lavorativa ricadenti nel periodo neutralizzato, il dies a quo decorre dalla data di pubblicazione del messaggio dell’INPS del 23.03.2020 n.1321
I datori di lavoro che hanno già in corso un’autorizzazione di CIGO o di assegno ordinario o hanno presentato domanda di CIGO/assegno ordinario non ancora autorizzata,), possono, qualora ne abbiano i requisiti, ripresentare la domanda di CIGO o di assegno ordinario con causale “COVID-19 nazionale”, anche per periodi già autorizzati o per periodi oggetto di domande già presentate e non ancora definite.
La Cassa integrazione in deroga
L’art 22 del Decreto “Cura Italia” prevede un ammortizzatore in deroga per tutti i settori/datori esclusi dagli altri ammortizzatori (cigo,cgs, FIS, fondi di solidarietà bilaterali, fondi di solidarietà alternativi). Cosicché le aziende, che in ragione del settore di appartenenza, non possono accedere alle integrazioni salariali ordinarie, possono richiedere la cassa integrazione in deroga.
In base alla disposizione viene prevista l’applicazione della cassa integrazione in deroga (CIG) per massimo nove settimane e non oltre il mese di agosto 2020, che si estende all’intero territorio nazionale, destinandola ai lavoratori di tutti i settori non coperti dalle misure ordinarie di sostegno al reddito, anche per le aziende con meno di 5 dipendenti (ed in ogni settore produttivo anche quello agricolo, e ad esclusione del lavoro domestico), limitatamente ai dipendenti in forza al 23 febbraio 2020.
La norma limita il trattamento ai lavoratori in forza al 23 febbraio presumibilmente perché se l’azienda ha assunto successivamente a tale data, ovvero quando la situazione di difficoltà legata alla Covid era già nota, evidentemente aveva necessità di ricorrere al lavoratore assunto successivamente e dunque la sospensione non opera. I trattamenti vengono concessi con decreto regionale. L’INPS provvede all’erogazione delle prestazioni.
In data 24.03.2020 vi è stato un accordo tra la Regione Lazio e le Parti Sociali sui criteri di utilizzo della Cassa integrazione in deroga che per comodità troverete allegato.
Occorre preliminarmente sottolineare che se non ci fossero gli strumenti analizzati nella prima parte dell’articolo, in relazione alle situazioni che si sono verificate, giuridicamente ci sarebbe una situazione di impossibilità temporanea di utilizzo della prestazione non imputabile né al datore né al dipendente il che porterebbe alla liberazione della obbligazione di retribuire e di far lavorare. E’ proprio per questo che in relazione a questi eventi eccezionali intervengono gli ammortizzatori sociali a protezione del reddito del lavoratore.
L’art. 46 del d.l 18/2020 rubricato “Sospensione termini di impugnazione dei licenziamenti” prevede che per i prossimi 60 giorni vi è la sospensione dell’avvio di procedure di impugnazione licenziamenti e per lo stesso termine sospensione di quelle avviate dopo il 23.2.2020. Per lo stesso termine, il datore di lavoro non può licenziare per giustificato motivo oggettivo
La prima questione presa in considerazione dalla disposizione in commento riguarda le procedure di licenziamento collettivo. Tali procedure non possono essere avviate e se sono state avviate dal 24 febbraio in poi devono essere sospese. Quindi, non possono essere avviate nuove procedure e devono essere sospese quelle avviate dal 24 febbraio 2020 mentre quelle avviate precedentemente possono continuare ad andare avanti e, dunque, la procedura potrà concludersi con un licenziamento.
La seconda questione presa in esame dalla disposizione riguarda i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (GMO) ossia quei licenziamenti determinati da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. La disposizione impedisce il licenziamento per giustificato motivo dall’entrata in vigore del decreto a prescindere dal numero degli addetti del datore di lavoro.
Orbene, i licenziamenti per GMO comunicati – con lettera di licenziamento pervenuta al dipendente- prima dell’entrata in vigore del DL sono validi, anche se il lavoratore continua ad essere in servizio per svolgere il preavviso in quanto il licenziamento si è perfezionato con la comunicazione del recesso al lavoratore.
Da quanto detto, emerge che sono possibili i seguenti licenziamenti: – Il licenziamento disciplinare. Le procedure di contestazione disciplinare possono essere svolte e le giustificazioni avverrebbero in via telematica. – Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo – Il licenziamento ex art 2118 c.c. alla fine del periodo di apprendistato. – Il licenziamento ex art 2118 c.c. del lavoratore che abbia maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia (la prosecuzione del rapporto potrebbe dar luogo alla prosecuzione del rapporto oltre al 70esimo anno di età); – Il licenziamento per il superamento del periodo di comporto ex art 2110 c.c. – Il recesso in prova è possibile, in quanto non configura un licenziamento per GMO.
Avv. Michela Moschiano